Le Fornaci
Anni ´60 La Fornace Leoncini in piena attività
La Fornace Leoncini
Le prime notizie della Fornace Leoncini risalgono ai primi del ´900, estratti catastali del comune di Cascina ne attestano la costruzione nel 1908 tra l´attuale via della circonvallazione e via tosco romagnola. All´epoca il territorio di Fornacette apparteneva, infatti alla giurisdizione del comune di Cascina fino al 1929 anno in cui il Regio Decreto n. 801 ne sancì il definitivo passaggio al comune di Calcinaia. Le immagini successive mostrano cartoline dei primi anni ´60 che pubblicizzano il lavoro della fornace Leoncini.
A metà degli anni ´70 la fornace attraversava un periodo florido dal punto di vista commerciale, al complesso si accedeva direttamente da via Tosco-Romagnola, e subito si apriva l´aia che in questa immagine vediamo coperta da una serie di capannoni ma che inizialmente era a cielo aperto, il corpo principale ospitava il Forno tipo Hoffman la fabbrica si completava poi con l´essiccatoio e con il palazzotto degli uffici, il piazzale sul retro serviva allo stoccaggio del materiale pronto per le consegne. In queste immagini storiche sono ricostruite alcune delle fasi della lavorazione dei mattoni, prima dell´automatizzazione dei processi, la sagomatura dell´argilla negli stampi di legno, il posizionamento sull´aia per l´essiccazione, prima della costruzione dell´essiccatoio ed il recupero dei prodotti appena cotti dalla galleria del forno. In questa immagine possiamo vedere come appariva il complesso nei primi anni ´70, la fornace cessò l´attività nel 1982, nei primi anni ´90 il complesso fu quasi totalmente demolito, oggi di tutto questo rimane esclusivamente l´edificio su via Tosco-Romagnola che ospitava gli uffici amministrativi.
Lo stato attuale vede il palazzotto degli uffici a cui sono stati addossati una serie di fondi commerciali in acciaio e c.a., al posto del corpo principale della fornace è stato realizzato un supermercato e dove un tempo era dislocata l´aia oggi troviamo un grande parcheggio.
Tuttavia la volontà di intervenire su questo edificio appare giustificata per il particolare interesse storico ed architettonico che l´edificio riveste. I prospetti a Sud ad Est e ad Ovest sono scanditi dal modulo di finestre bifore incorniciate dagli archi in mattoni rossi che lo caratterizzano fortemente modulandone le superfici, in un particolare del modulo della finestra oltre ad apprezzare le caratteristiche architettoniche si può evidenziare lo stato di degrado in cui verte l´edificio, degrado che è sicuramente più visibile all´interno, vediamo lo stato di abbandono della sala grande al primo piano caratterizzata dalle capriate lignee che sostengono la copertura. Nell´approccio progettuale il problema maggiore è stato senza dubbio la presenza dei fondi commerciali addossati al prospetto nord.
La Fornace di Pino ai Pardossi
Seppure situata sul territorio comunale di Pontedera, la fornace, come del resto i Pardossi, sono considerati facenti parte a tutti gli effetti di Fornacette. I Pardossani infatti contano sui servizi presenti in paese: scuola, rete commerciale, servizi pubblici.
La fornace gestita dalla famiglia Orsini la fornace funziona dagli anni ´20 agli anni ´60 del 1900. La sua forma non è quella attuale: il forno è di dimensioni minori ed è coperto da una tettoia circolare. Il metodo di produzione è quello tradizionale, manuale. Negli anni ´60 la fornace viene presa in gestione dalla Cooperativa Trieste: inizia una riorganizzazione che sfocia,negli anni ´70, nell´operazione di rinnovamento strutturale che dà al sito l´aspetto attuale. La Cooperativa è costretta a chiudere nel 1985 per fallimento. Attualmente il sito è abbandonato, se si eccettuano alcuni uffici di imprese edili ricavati nella facciata principale.Il sito è composto da vari corpi di fabbrica: un corpo centrale costituito dal forno Hoffmann, interessato da molti evidenti interventi di restauro, che conserva integralmente la ciminiera; un grosso edificio a pianta rettangolare diviso in diverse camere adibite all´essiccazione dei mattoni attraverso la circolazione di aria calda in condotte metalliche; un edificio a piantaquadrata con la funzione di centralina elettrica; tre grossi capannoni, di cui si conserva solo la struttura metallica, utilizzati per lo stoccaggio dei prodotti finiti. Sono altresì visibili le rotaie sulle quali scorrevano i carrelli per il carico e lo scarico dei forni, ed una parete mobile usata all´interno dei tunnel per delimitare la zona di combustione. Il forno è costruito in blocchi squadrati di pietra tufacea, mentre le altre strutture sono in mattoni, pieni o forati.
UN PO´ DI STORIA
L´attività laterizia è una delle produzioni più antiche, forse di origine medioevale; sviluppatasi nel corso dei secoli, arrivò ad una notevole consistenza nella seconda metà dell´800, periodo in cui si segnala nella provincia pisana una fitta presenza di fornaci lungo l´Arno. La localizzazione è collegata alla presenza di bacini artificiali che, in occasione delle piene del fiume, si riempivano di sabbia argillosa; ma anche il territorio circostante, alluvionale e ricco di argilla (materia prima necessaria per la produzione di mattoni, embrici, coppi, mezzane), rendeva la zona particolarmente adatta. Si ha una concentrazione di impianti in particolare a La Rotta. Nella prima metà dell´ottocento, l´attività veniva svolta in stabilimenti molto piccoli con forni alimentati a legna. Fortemente artigianale, decentrata, di modeste proporzioni e con un andamento stagionale, la lavorazione veniva sospesa dai primi di novembre fino al marzo incluso; in quel periodo era infatti difficile essiccare i prodotti all´aria aperta; d´altra parte, essendo ridotta d´inverno l´attività edilizia, calava anche la domanda di laterizi. Durante l´ultimo quarto dell´ottocento, mutamenti avvennero in primo luogo nell´assetto proprietario: si ridusse sensibilmente il numero delle famiglie proprietarie di fornaci artigianali e, contemporaneamente, emersero medie imprese in grado di investire sull´attività laterizia rendendola qualitativamente migliore ed aumentandone la produttività. La prima "fornace a fuoco continuo Hoffmann" fu impiantata proprio a La Rotta nel 1872 da Francesco Capecchi. Vi lavoravano moltissime "mattonaie", che preparavano l´impasto di argilla (la "mota") e lo inserivano negli appositi stampi per la cottura. La fornace Hoffmann è un importante esempio di struttura protoindustriale in grado di aumentare, con il funzionamento continuo, la produttività, superando in qualità e quantità la produzione delle fornaci a fuoco intermittente. Fu anche possibile, grazie a questo sistema, accentrare in unico sito le diverse fasi di lavorazione, molte delle quali furono nel tempo meccanizzate o elettrificate. Fino agli anni cinquanta del novecento il settore ebbe uno sviluppo assai intenso; tuttavia, in relazione alla notevole espansione verificatisi nel nord Italia, a Pontedera si registrò una diminuzione della manodopera : flussi migratori stagionali, infatti, si dirigevano verso Piemonte e Lombardia. Proprio in quegli anni, molti impianti chiusero. La lavorazione La fase di preparazione della materia prima prevedeva la lavorazione dell´argilla estratta; essa veniva depurata e frantumata al fine di renderla omogenea "quasi come farina", come riferiscono le fonti orali, e poi mescolata all´acqua. L´impasto poteva ottenersi mediante manipolazione manuale o, dagli inizi del novecento, mediante macchine impastatrici a pale, a elica, o a cilindri azionate elettricamente, che si trovavano in capannoni o locali adiacenti al forno a fuoco continuo. L´impasto compatto così ottenuto veniva modellato a mano, e pigiato dentro stampi senza fondo; in epoca più recente tagliato mediante macchine a filiera, dove l´impasto viene pressato attraverso delle matrici e poi tagliato ad intervalli regolari con fili di ferro. I prodotti crudi ottenuti venivano fatti essiccare, per far perdere ai pezzi l´umidità che li avrebbe deformati e/o fratturati, o all´aria aperta in appositi gabbiotti di legno per circa 15- 20 giorni, o in capannoni coperti da solai, o in modo artificiale (all´interno di alcune fornaci si ricavava un salone al primo piano riscaldato dal forno collocato a piano terra) . Ciò permetteva un ciclo continuo di produzione, dato che in questo modo i mattoni potevano essiccare anche nei mesi invernali. Successivamente si passava alla cottura nei forni del materiale essiccato ma crudo. Si trattava di impianti rudimentali alimentati a legna, che cuocevano qualche migliaio di pezzi per volta in una camera unica; i laterizi venivano accatastati in modo da lasciare interstizi lungo i quali il calore circolasse; ogni cotta richiedeva circa tre giorni. Una volta sospeso il fuoco, si faceva raffreddare la camera e la si vuotava. La fornace a fuoco continuo di tipo Hoffmann, a pianta circolare od ellittica, era composto da varie camere di cottura (da 12 a 24) divise in settori, collegate orizzontalmente all´interno tramite una galleria a volta dalla forma ad anello. Al suo interno, il fuoco rimaneva sempre acceso e si propagava da un settore all´altro nell´arco di 24 ore. I settori funzionavano a turno: il primo ciclo prevedeva la cottura del materiale nel primo settore mediante l´introduzione del combustibile caricato attraverso aperture sul soffitto. Nel secondo ciclo, con un sistema di pareti mobili, si alimentava il forno mediante l´aria comburente che attraversava il primo settore, raffreddando inoltre il materiale già cotto contenuto in esso. I gas prodotti dalla combustione del secondo settore, riscaldavano il materiale da cuocere ed uscivano attraverso canali e valvole dalla ciminiera in genere posta al centro della struttura. Il turno successivo iniziava svuotando il primo settore che conteneva materiale ormai raffreddato; si caricava poi il nuovo materiale da cuocere attraverso aperture comunicanti con l´esterno. Attraverso il sistema di chiusura a parete tra i due settori, la combustione del primo settore veniva alimentata mediante l´aria comburente che attraversa il secondo, che raffreddava inoltre il materiale in esso contenuto; poi si ripeteva il ciclo descritto. Per l´alimentazione del fuoco si usavano diversi tipi di combustibile (legna o carbone, torba, lignite). Le fornaci della provincia di Pisa producevano : mattoni pieni, mattoni forati, embrici, coppi, tegole, tegoloni tubolari, tegole alla marsigliese, mezzane, quadrelle. Nel 1893 a La Rotta sono documentate 19 fornaci. In tutta la provincia, ai primi del Novecento, nel settore dei laterizi, tra produzione e vendita, erano iscritte alla Camera di Commercio circa 300 ditte.
Le prime notizie della Fornace Leoncini risalgono ai primi del ´900, estratti catastali del comune di Cascina ne attestano la costruzione nel 1908 tra l´attuale via della circonvallazione e via tosco romagnola. All´epoca il territorio di Fornacette apparteneva, infatti alla giurisdizione del comune di Cascina fino al 1929 anno in cui il Regio Decreto n. 801 ne sancì il definitivo passaggio al comune di Calcinaia. Le immagini successive mostrano cartoline dei primi anni ´60 che pubblicizzano il lavoro della fornace Leoncini.
A metà degli anni ´70 la fornace attraversava un periodo florido dal punto di vista commerciale, al complesso si accedeva direttamente da via Tosco-Romagnola, e subito si apriva l´aia che in questa immagine vediamo coperta da una serie di capannoni ma che inizialmente era a cielo aperto, il corpo principale ospitava il Forno tipo Hoffman la fabbrica si completava poi con l´essiccatoio e con il palazzotto degli uffici, il piazzale sul retro serviva allo stoccaggio del materiale pronto per le consegne. In queste immagini storiche sono ricostruite alcune delle fasi della lavorazione dei mattoni, prima dell´automatizzazione dei processi, la sagomatura dell´argilla negli stampi di legno, il posizionamento sull´aia per l´essiccazione, prima della costruzione dell´essiccatoio ed il recupero dei prodotti appena cotti dalla galleria del forno. In questa immagine possiamo vedere come appariva il complesso nei primi anni ´70, la fornace cessò l´attività nel 1982, nei primi anni ´90 il complesso fu quasi totalmente demolito, oggi di tutto questo rimane esclusivamente l´edificio su via Tosco-Romagnola che ospitava gli uffici amministrativi.
Lo stato attuale vede il palazzotto degli uffici a cui sono stati addossati una serie di fondi commerciali in acciaio e c.a., al posto del corpo principale della fornace è stato realizzato un supermercato e dove un tempo era dislocata l´aia oggi troviamo un grande parcheggio.
Tuttavia la volontà di intervenire su questo edificio appare giustificata per il particolare interesse storico ed architettonico che l´edificio riveste. I prospetti a Sud ad Est e ad Ovest sono scanditi dal modulo di finestre bifore incorniciate dagli archi in mattoni rossi che lo caratterizzano fortemente modulandone le superfici, in un particolare del modulo della finestra oltre ad apprezzare le caratteristiche architettoniche si può evidenziare lo stato di degrado in cui verte l´edificio, degrado che è sicuramente più visibile all´interno, vediamo lo stato di abbandono della sala grande al primo piano caratterizzata dalle capriate lignee che sostengono la copertura. Nell´approccio progettuale il problema maggiore è stato senza dubbio la presenza dei fondi commerciali addossati al prospetto nord.
La Fornace di Pino ai Pardossi
Seppure situata sul territorio comunale di Pontedera, la fornace, come del resto i Pardossi, sono considerati facenti parte a tutti gli effetti di Fornacette. I Pardossani infatti contano sui servizi presenti in paese: scuola, rete commerciale, servizi pubblici.
La fornace gestita dalla famiglia Orsini la fornace funziona dagli anni ´20 agli anni ´60 del 1900. La sua forma non è quella attuale: il forno è di dimensioni minori ed è coperto da una tettoia circolare. Il metodo di produzione è quello tradizionale, manuale. Negli anni ´60 la fornace viene presa in gestione dalla Cooperativa Trieste: inizia una riorganizzazione che sfocia,negli anni ´70, nell´operazione di rinnovamento strutturale che dà al sito l´aspetto attuale. La Cooperativa è costretta a chiudere nel 1985 per fallimento. Attualmente il sito è abbandonato, se si eccettuano alcuni uffici di imprese edili ricavati nella facciata principale.Il sito è composto da vari corpi di fabbrica: un corpo centrale costituito dal forno Hoffmann, interessato da molti evidenti interventi di restauro, che conserva integralmente la ciminiera; un grosso edificio a pianta rettangolare diviso in diverse camere adibite all´essiccazione dei mattoni attraverso la circolazione di aria calda in condotte metalliche; un edificio a piantaquadrata con la funzione di centralina elettrica; tre grossi capannoni, di cui si conserva solo la struttura metallica, utilizzati per lo stoccaggio dei prodotti finiti. Sono altresì visibili le rotaie sulle quali scorrevano i carrelli per il carico e lo scarico dei forni, ed una parete mobile usata all´interno dei tunnel per delimitare la zona di combustione. Il forno è costruito in blocchi squadrati di pietra tufacea, mentre le altre strutture sono in mattoni, pieni o forati.
UN PO´ DI STORIA
L´attività laterizia è una delle produzioni più antiche, forse di origine medioevale; sviluppatasi nel corso dei secoli, arrivò ad una notevole consistenza nella seconda metà dell´800, periodo in cui si segnala nella provincia pisana una fitta presenza di fornaci lungo l´Arno. La localizzazione è collegata alla presenza di bacini artificiali che, in occasione delle piene del fiume, si riempivano di sabbia argillosa; ma anche il territorio circostante, alluvionale e ricco di argilla (materia prima necessaria per la produzione di mattoni, embrici, coppi, mezzane), rendeva la zona particolarmente adatta. Si ha una concentrazione di impianti in particolare a La Rotta. Nella prima metà dell´ottocento, l´attività veniva svolta in stabilimenti molto piccoli con forni alimentati a legna. Fortemente artigianale, decentrata, di modeste proporzioni e con un andamento stagionale, la lavorazione veniva sospesa dai primi di novembre fino al marzo incluso; in quel periodo era infatti difficile essiccare i prodotti all´aria aperta; d´altra parte, essendo ridotta d´inverno l´attività edilizia, calava anche la domanda di laterizi. Durante l´ultimo quarto dell´ottocento, mutamenti avvennero in primo luogo nell´assetto proprietario: si ridusse sensibilmente il numero delle famiglie proprietarie di fornaci artigianali e, contemporaneamente, emersero medie imprese in grado di investire sull´attività laterizia rendendola qualitativamente migliore ed aumentandone la produttività. La prima "fornace a fuoco continuo Hoffmann" fu impiantata proprio a La Rotta nel 1872 da Francesco Capecchi. Vi lavoravano moltissime "mattonaie", che preparavano l´impasto di argilla (la "mota") e lo inserivano negli appositi stampi per la cottura. La fornace Hoffmann è un importante esempio di struttura protoindustriale in grado di aumentare, con il funzionamento continuo, la produttività, superando in qualità e quantità la produzione delle fornaci a fuoco intermittente. Fu anche possibile, grazie a questo sistema, accentrare in unico sito le diverse fasi di lavorazione, molte delle quali furono nel tempo meccanizzate o elettrificate. Fino agli anni cinquanta del novecento il settore ebbe uno sviluppo assai intenso; tuttavia, in relazione alla notevole espansione verificatisi nel nord Italia, a Pontedera si registrò una diminuzione della manodopera : flussi migratori stagionali, infatti, si dirigevano verso Piemonte e Lombardia. Proprio in quegli anni, molti impianti chiusero. La lavorazione La fase di preparazione della materia prima prevedeva la lavorazione dell´argilla estratta; essa veniva depurata e frantumata al fine di renderla omogenea "quasi come farina", come riferiscono le fonti orali, e poi mescolata all´acqua. L´impasto poteva ottenersi mediante manipolazione manuale o, dagli inizi del novecento, mediante macchine impastatrici a pale, a elica, o a cilindri azionate elettricamente, che si trovavano in capannoni o locali adiacenti al forno a fuoco continuo. L´impasto compatto così ottenuto veniva modellato a mano, e pigiato dentro stampi senza fondo; in epoca più recente tagliato mediante macchine a filiera, dove l´impasto viene pressato attraverso delle matrici e poi tagliato ad intervalli regolari con fili di ferro. I prodotti crudi ottenuti venivano fatti essiccare, per far perdere ai pezzi l´umidità che li avrebbe deformati e/o fratturati, o all´aria aperta in appositi gabbiotti di legno per circa 15- 20 giorni, o in capannoni coperti da solai, o in modo artificiale (all´interno di alcune fornaci si ricavava un salone al primo piano riscaldato dal forno collocato a piano terra) . Ciò permetteva un ciclo continuo di produzione, dato che in questo modo i mattoni potevano essiccare anche nei mesi invernali. Successivamente si passava alla cottura nei forni del materiale essiccato ma crudo. Si trattava di impianti rudimentali alimentati a legna, che cuocevano qualche migliaio di pezzi per volta in una camera unica; i laterizi venivano accatastati in modo da lasciare interstizi lungo i quali il calore circolasse; ogni cotta richiedeva circa tre giorni. Una volta sospeso il fuoco, si faceva raffreddare la camera e la si vuotava. La fornace a fuoco continuo di tipo Hoffmann, a pianta circolare od ellittica, era composto da varie camere di cottura (da 12 a 24) divise in settori, collegate orizzontalmente all´interno tramite una galleria a volta dalla forma ad anello. Al suo interno, il fuoco rimaneva sempre acceso e si propagava da un settore all´altro nell´arco di 24 ore. I settori funzionavano a turno: il primo ciclo prevedeva la cottura del materiale nel primo settore mediante l´introduzione del combustibile caricato attraverso aperture sul soffitto. Nel secondo ciclo, con un sistema di pareti mobili, si alimentava il forno mediante l´aria comburente che attraversava il primo settore, raffreddando inoltre il materiale già cotto contenuto in esso. I gas prodotti dalla combustione del secondo settore, riscaldavano il materiale da cuocere ed uscivano attraverso canali e valvole dalla ciminiera in genere posta al centro della struttura. Il turno successivo iniziava svuotando il primo settore che conteneva materiale ormai raffreddato; si caricava poi il nuovo materiale da cuocere attraverso aperture comunicanti con l´esterno. Attraverso il sistema di chiusura a parete tra i due settori, la combustione del primo settore veniva alimentata mediante l´aria comburente che attraversa il secondo, che raffreddava inoltre il materiale in esso contenuto; poi si ripeteva il ciclo descritto. Per l´alimentazione del fuoco si usavano diversi tipi di combustibile (legna o carbone, torba, lignite). Le fornaci della provincia di Pisa producevano : mattoni pieni, mattoni forati, embrici, coppi, tegole, tegoloni tubolari, tegole alla marsigliese, mezzane, quadrelle. Nel 1893 a La Rotta sono documentate 19 fornaci. In tutta la provincia, ai primi del Novecento, nel settore dei laterizi, tra produzione e vendita, erano iscritte alla Camera di Commercio circa 300 ditte.